Barbaresco VS Pinot Noir: 2 GRANDI a confronto


La Morra - Osteria more e macine






Se quando arriva l'inverno, quello glaciale, di questi giorni, gli animali vanno in letargo e la natura dorme, c'è chi si diletta ad organizzare serate eroichedi una levatura tale che meritano di essere  raccontate e condivise con chi ha la curiosità e la voglia di seguire le mie avventure enoiche... 




In questa occasione si tratta di una serata in cui ho avuto la fortuna di scoprire molti angoli di due GRANDI mondi: i Barbareschi del produttore Roagna e diversi Noirien di Domaines francesi della Borgogna. Langhe VS Borgogna, Nebbiolo VS Pinot Nero, allacciatevi le cinture, la velocità curvatura è impostata in direzione Borgogna per raggiungere alcuni dei villaggi più preziosi e noti, come lo Gevrey Chambertin e il Nuits Saint George per dirigersi poi, a Barbaresco nelle MeGa AsiliMontefico e Pajè.

Quando ci si approccia ad una degustazione di vino, che sia didattica, in enoteca o a casa di amici, la domanda di rito, e scontata, arriva: "Qual'è il tuo vino preferito?" Il tempo e le esperienze fatte mi autorizzano a dire che non ho un vino preferito ma ho due vitigni preferiti, il Pinot Nero e il Nebbiolo con i loro lati femminili e maschili, profondi ed irruenti, dolci e rudi, ingenui da giovani e portentosi da adulti, alla conquista dei cervelli del gusto.







Sono sempre più convinta che il vino sia lo specchio dell'uomo, così come cane e padrone che a poco a poco si assomigliano e si inseguono, lo stesso fanno le vigne, vere, ed il viticultore, a cui spetta l'onere di guidarle, crescerle, ascoltarle, curarle, amarle...il risultato sono vini fruttuosi di virtù e sinergia profonda.

I Barbareschi assaggiati sono del giovane e talentuoso Luca Roagna classe 1981, che non ama parlare molto di se in quanto lascia che siano i vini a descriverlo: vivo, dolce, un produttore fuori dalle vigne comuni... La sua Azienda Agricola i Paglieri, originaria della Langa da secoli, vanta una proprietà di ben 12 ettari nelle zone più pregiate del Nebbiolo destinato a diventare Barbaresco e Barolo: Asili, Carso, Montefico, Pajè, Pira.

Per la selezione delle etichette di Borgogna bisogna fare invece un plauso ad Alessandro Vaudagna, Sommelier molto esperto e wine scout di rilievo.






Le quattro batterie di vini proposte sono:


1. Roagna Barbaresco Montefico Vecchie Viti 2009: le vigne, con più di 50 anni di età, sono in un anfiteatro di terra rivolto verso il paese di Neive,  ricco di calcare. La produzione di questo vino è centellinata e i metodi di produzione si rifanno ai metodi più antichi, come l'uso di lieviti indigeni e una macerazione della steccatura a cappello sommerso di quasi 3 mesi.
Colore rosso rubino pulsante, al naso si scorgono profumi di confettura di prugna, di menta, di pino selvatico con punte pepate. Un giovane tannino raschia la bocca e cede il passo al gusto etereo non ancora caldo. Un Barbaresco con un carattere marnoso che si confermerà nel tempo. 






2. Joseph Drouhin Chambolle Musigny Amoureuses 1er 2009: dal cuore della patria dei vini robusti e longevi della Cote de Nuits questo domaine ha le viti su terreni argillosi e calcarei. Il colore e il bouquet sono quelli tipici della Borgogna, eleganti, fini e senza spigoli. Questo premier cru è paragonabile alla sensazione che ti da una ciliegia staccata dall'albero un pelo presto con dolcezza e texture non del tutto profonde ma di acidità spiccata.


3Roagna Barbaresco Asili Vecchie Viti 2010: la zona in cui siamo impone come dress code l' abito nero. L'incursione delle sabbie nel terreno argilloso - calcareo fanno di questa zona quella elegante e femminile del BarbarescoI profumi di rosa, di prugna e la massa tannica in bocca, rendono questo vino un vento caldo che lentamente soffia e si esprime accarezzandoti dolcemente il palato.

4. Philippe Pacalet Ruchottes Chambertin Gran Cru 2010: siamo in compagnia di un maestro del Pinot Noir che sa gestire ed equilibrare in maniera esemplare gli spigoli e la finezza di questa cultivar. Il terreno di argilla e calcare si poggia su una pendenza rocciosa con buona luminosità ed esposizione a sud-est. Vino profondamente tannico e pungente, con profumi dapprima vegetali poi fruttati e potenti. Se fosse un uomo sarebbe l'amante che ti sorprende sempre che mette pepe e ti sconvolge ad ogni sorso.

5. Roagna Barbaresco Montefico Vecchie Viti 2008: l' annata piovosa ed irregolare non scompone la durezza e l'irruenza tannica dei suoli di Montefico. Il naso richiama una marmellata di more surmature e di caffè amaro. In bocca è energetico e succoso, di lunga persistenza.

6. Clos de Tart Gran cru : un vino monopole a tutti gli effetti che racchiude l' eleganza di Musigny  e la potenza di Chambertin. Colore rosso rubino profondo. Profumi spessi di frutti rossi, lampone, con punte vegetali, di cardo e di spezia. Un gusto intenso, animale, terroso, da incontrare più avanti quando si placherà l'aggressività e aumenterà la dolcezza.







7. Roagna Barbaresco Asili Vecchie Viti 2007: profumi ricchi di frutti rossi maturi, geranio e di cacao amaro. Un vino di struggente dolcezza e morbidezza in cui l'onda del gusto si esaurisce in un fondale sabbioso. Etichetta figlia di un'annata calda che ha dato uve mature e pronte.  


8. Domaine Fourrier Gevrey Chambertin Clos Saint Jacques 1er 2005: questo domaine ha sicuramente la fortuna di trattare uve provenienti da uno dei migliori 1er Cru di Gevrey Chamberlin, il Clos Saint Jacques. La superficie di proprietà totale è di ha 9 ettari e le vigne hanno dai 50 ai 70 anni di età (selezione massale impiantate nel 1910). L'uso del legno è dosato con un 20% massimo di botti nuove. La malolattica è lunghissima fino ad esaurimento e, rischio. Profumi crudi e verdi con punte di foglia di pomodoro e lattici. In bocca è teso, i livelli di acidità e di struttura, ancora smussata, ne sottolineano la gioventù. Il gusto fresco fa presagire la serbevolezza di questo vino per cui è richiesto ancora del tempo affinché esprima il suo miglior bicchiere.

9. Roagna Barbaresco Pajè Vecchie Viti 2008: le vigne tra le più storiche del Barbaresco, sono di proprietà Roagna dal 1953 e i terreni sono composti da marne e da calcare. In questo anfiteatro  le vigne di oltre 50 anni vivono con un'esposizione dolce che ben accoglie sole e venti.
Questa espressione di Barbaresco è da intendere, sensibile e profondo con un manto tannico e una dolcezza fine, sempre in armonia con il gusto di marmellata calda di frutti rossi in un fondo di caffè nero. Il naso è un mazzo di rose con legni di liquirizia.



10. Alain Hudelot Noellat Richebourg Gran Cru 2000: incontriamo un produttore wild senza misure situato a fianco del monumento della Borgogna (non c'è bisogno di citarlo) che si differenzia per il suo stile ben marcato e finito. La sua parcella Richebourg da cui si ricava questo vino è stata impiantata nel 1920. Naso vegetale e terroso con sussurri di ribes. In bocca la potenza del frutto e del legno sono compatte a formare un fiume in piena di dolcezza e morbidezza apportata dalla linfa dei raspi non rimossi durante l'elaborazione di questo vino.

11. Roagna Barbaresco Crichet Pajè 2005: un naso e un corpo spessi con sentori potenti e succosi della polpa di un frutto maturo e adulto. Un vino completo ed in equilibrio tannico-acido che ti conquista e garantisce sicurezza a lungo. 

12. Meo Camuzet Vosne Romanèe Cros Parantoux 1er 2004: uno dei migliori vini della serata, bello e tenebroso, direttamente da una delle più esclusive zone della Borgogna. Nonostante l'annata 2004 non sia il top, abbiamo un pinot nero rock&roll con note metalbalsamiche dal gusto alcalino su corridoi acidi e tannici in continua evoluzione mai aggresivo, sempre presente.








13. Roagna Barbaresco Crichet Pajè 2004:  se il cerchio è una delle figure più semplici da disegnare, in questo caso la complessità di questa sfera è da comprendere. Essa è tutta data dalla compattezza  indiscussa delle sensazioni tattili del palato. Gusto morbido ma intenso con tannino voluttuoso, mai graffiante.


14. Robert Chevillon Nuits Saint George Les Vaucrains 1er 2002: un domaine giunto alla sua 4° generazione con 13 ettari di proprietà classificati come Premier Crus principalmente. I vini maturano per 15-18 mesi in botti nuove per il 30% e 70% di primo passaggio. In questo caso il nome anticipa la beva. L'esplosione a sud-est dei terreni conferisce profumi di mirtilli e di vaniglia con note vegetali e di terra bianca. In bocca le nuances cremose e saline ti rapiscono e creano un lungo tunnel strutturato dominato con fermezza dalla acidità.  











15. Roagna Barbaresco Crichet Pajè 2001: l'annata è una classica, equilibrata e da lunga tenuta così come la '99 e la '96. In questo caso questo Barbaresco, in versione magnum, è una bomba di sale, di roccia con gusto secco e rettilineo a formare una fluorescente scia matura sul palato. Il finale è fresco e marino con aromi di prugna secca.

16. Domaine Dujac Clos de La Roche Gran cru 2002: 6 sole sono le parcelle presenti per questo clos con vigne vecchie di 60 anni. Un borgogna degno di esser chiamato cosi. I frutti rossi, lampone su tutti, morbidi e setosi si sciolgono in bocca  sprigionando la loro identità. Un vino serico con livelli di acidità e tannini tali da farti sognare ed immaginare un secondo incontro, più avanti, quando la maturità sarà definitivamente compiuta.   












Il compito di stupire nel gran finale è stato affidato al Roagna Barbaresco Pajè Riserva 1998: un Barbaresco degno di una sposa con profumi di rosa, mirtilli, spezie, sottobosco con incursioni amare  di erbe aromatiche. Un vino di una longevità eccelsa con un tannino tanto saldo quanto finemente abile a stuzzicare con eleganza il palato e la mente. Impossibile non meditare sulla vera esistenza della tomba dell'amore, il matrimonio tra uomo e vite, se si assaggia un nebbiolo di questa caratura.




Dopo degustazioni di questo tipo si conferma la mia idea su quanto sia complicato definire quale sia il vino migliore, il più buono. Il migliore fine a se stesso non c'è, non esiste. La cosa che più mi affascina del mondo del vino è l'imprevedibilità e lo stupore che si ha nello scoprire la crescita, l'evoluzione di un vino e di una vigna i quali, anche loro, come l'uomo, cambiano in continuazione e possono sempre fare meglio. 

Per certi vini, altrimenti, bisognerebbe inventare il superlativo di ottimo, non vi pare?

Commenti

Post più popolari